martedì 22 gennaio 2013

LABORATORIO DONNE FEMMINILE PLURALE FIRENZE

PSYKE'
Centro di Psicologia Psicoterapia e Gestalt 
di Firenze
 è lieto di presentare la seguente iniziativa:

LABORATORIO DONNE 
FEMMINILE PLURALE
il 26 febbraio 2013 alle ore 21 
presso Il Quarzo Rosa in via Pisacane 2r a Firenze (zona p.zza Leopoldo).

LABORATORIO DONNE FEMMINILE PLURALE si svolge in quattro incontri a tema: Autostima femminile, Corpi di donne, Donne e uomini, Donne e maternità che avranno luogo dal 12 marzo 2013 al 30 aprile 2013.
Gli workshop sono condotti dalla dott.ssa Beatrice Lazzeri e dalla dott.ssa Paola Scarpellini.

L'incontro di presentazione è gratuito e aperto a tutte.






venerdì 29 aprile 2011

ORTORESSIA NERVOSA

Mangiare sano è un'esigenza sempre più presente e diffusa, che si traduce ad esempio nel consumo di prodotti biologici, nella riscoperta dei prodotti della tradizione culinaria, nella ricerca della genuinità e nell'attenzione a cosa mettiamo nel piatto.
Queste attitudini positive e salutari possono, se portate agli estremi, diventare patologiche. Esiste infatti un disturbo alimentare, l'ortoressia nervosa, che consiste in una vera e propria ossessione per il cibo ritenuto sano unita alla fobia verso ogni altro cibo ritenuto tossico o nocivo. Rispetto a disturbi alimentari più conosciuti come l'anoressia, in cui si è ossessionati dalla quantità di cibo che si ingerisce, nell'ortoressia (dal greco "orthos" che significa corretto e "orexis" appetito) si è ossessionati invece dalla qualità del cibo. Si tratta di un'autentica "mania alimentare" che condiziona pesantemente la vita emotiva e relazionale delle persone che sono ossessionate dall'alimentazione, vissuta come lo strumento principe per purificarsi e migliorare il proprio stato di salute.
Questo disturbo è stato descritto per la prima volta nel 1997 dal medico statunitense Steve Bratman e consiste in una preoccupazione ossessiva per ciò che si mangia, non per paura di ingrassare, ma di assumere cibi ritenuti tossici o impuri. L'allarmismo mediatico legato alle mozzarelle alla diossina, alla mucca pazza o, più recentemente, alla radioattività certo non aiuta ad avere un rapporto sereno con il cibo e a mantenere il giusto equilibrio tra una sana alimentazione e il piacere di mangiare. Nell'ortoressia però questo rapporto è così disturbato da portare la persona a isolarsi, ad esempio a non mangiare fuori o a farlo solo portandosi appresso del cibo "sicuro" o provando disagio e disgusto per quanti mangiano cibi normali, a dedicare gran parte di tempo ed energie alla pianificazione dei pasti, ad autoimporsi regole sempre più ferree e specifiche per raggiungere un ideale di perfezione salutistica, sentendosi moralmente superiore agli altri nel seguirle e provando colpa e vergogna quando le infrange. Tutti questi aspetti sono molto simili a quelli riscontrati in altri disturbi alimentari e ad essi si unisce la rigidità, il bisogno di controllo e la negazione o il mancato riconoscimento di emozioni e conflitti che rende difficile anche riconoscere questo modo di relazionarsi al cibo come un disturbo. I principali sintomi dell'ortoressia sono in primis la paura di contaminare il proprio corpo, il disgusto nell'assumere sostanze non naturali, il bisogno ossessivo di conoscere ogni singolo ingrediente contenuto negli alimenti, il continuo desiderio di depurarsi e disintossicare il proprio organismo, il disagio nel mangiare con altre persone che non condividono la propria filosofia alimentare e la necessità di programmare, anche con giorni di anticipo, ogni pasto. Questo disturbo è ancora poco studiato, ma colpisce soprattutto persone istruite e di ceto sociale medio-alto, spesso a seguito di una dieta particolare (ad es. macrobiotica) o della "conversione" a una filosofia salutista che può diventare un fanatismo sempre più rigido e intransigente e degenerare in un'ossessione dominata da perfezionismo, ansie e fobie di contaminazione.
Per la diagnosi dell'ortoressia esiste una scala di valutazione italiana, l'ORTO 15 e quella ideata dallo stesso Bratman, il BOT, un semplice test composto dalle seguenti dieci domande:
1) Spendi più di 3 ore al giorno pensando alla tua alimentazione? 2) Pianifichi i tuoi pasti diversi giorni prima? 3) Il valore nutritivo dei cibi che assumi è più importante del piacere di mangiarli? 4) La qualità della tua vita è diminuita da quando sei interessato all'alimentazione salutistica? 5) Sei diventato più severo con te stesso nei confronti del tuo comportamento alimentare? 6) La tua autostima aumenta quando ti alimenti in modo corretto? 7) Hai eliminato cibi che amavi in favore di cibi più salutari? 8) Ti riesce difficile mangiare fuori casa, a causa dell'incompatibilità del tuo regime alimentare con quello dei ristoranti, distanziandoti da amici e parenti?
9) Ti senti in colpa quando non mangi in modo salutisticamente corretto? 10) Ti senti in pace con te stesso e in pieno controllo quando mangi in modo salutisticamente corretto?
In caso di risposta affermativa a più di 4-5 domande: è il caso di riflettere riguardo alla propria alimentazione e assumere una posizione più rilassata e meno integralista.
In caso di risposta affermativa a tutte le domande:significa essere ossessionati dall'alimentazione sana.

LA SINDROME DI PENELOPE

L'allungamento della vita e il progressivo invecchiamento della popolazione stanno portando alla ribalta dell'attenzione di media e studiosi le peculiarità che caratterizzano le così dette terza e quarta età. Tra i vari aspetti presi in considerazione, un posto di riguardo meritano senz'altro la salute e il benessere psicologico. Tra le persone anziane, soprattutto di sesso femminile, si riscontra sempre più spesso un quadro che gli esperti hanno definito "Sindrome di Penelope", dal nome della moglie di Ulisse rimasta sola e in attesa del suo uomo lontano. Tale sindrome non è una vera e propria patologia, ma una condizione di malessere psicologico (apatia, ansia, abbassamento del tono dell'umore) unita a una maggiore vulnerabilità fisica (abbassamento delle difese immunitarie, aumento della pressione, insonnia, inapettenza) in cui vengono a trovarsi tante persone anziane a seguito della morte del partner o degli affetti più cari. Le donne ne sono più colpite perché vivono più a lungo (in Italia la speranza di vita è stimata in 76,8 anni per gli uomini e 83 per le donne) ed è perciò molto più frequente la vedovanza al femminile. Sopravvivere al partner di una vita o agli affetti più cari può generare in alcuni casi una vera e propria depressione, più spesso proprio la sindrome di Penelope, una condizione poco conosciuta e il più delle volte trascurata, ma comunque capace di incidere significativamente sul benessere delle persone anziane e sulla loro salute fisica. Infatti, le donne con sindrome di Penelope manifestano un peggioramento generale del proprio stato di salute e, se malate, rispondono peggio alle cure e hanno un decorso clinico peggiore. Benché non se ne parli in maniera diffusa, non si tratta di un problema marginale, visto che soltanto in Italia riguarda ben 700.000 donne sopra i 75 anni. Ciò che noi siamo è costruito dalle relazioni e la perdita di quelle più lunghe e significative è un evento, per quanto naturale in vecchiaia, di un'enorme risonanza psicologica che merita di sicuro maggiore cura e attenzione.

venerdì 14 gennaio 2011

COCAINA IN DOLCE ATTESA

Negli ultimi anni si è riscontrato un significativo aumento del consumo di cocaina in gravidanza e la ricerca scientifica sta attualmente studiando le conseguenze sul feto di questo fenomeno preoccupante.

Occorre ricordare che la cocaina può superare la barriera placentare e raggiungere il liquido amniotico, sottoponendo il feto a un'esposizione continuata e accumulandosi nei tessuti fetali.

Questa sostanza esercita un'azione vasocostrittrice a livello dell'arteria ombelicale, riducendo il flusso sanguigno e causando ipossia. Tale mancanza di ossigeno nel feto può portare a malformazioni e alla morte pre o perinatale.

Proprio per l'attualità della ricerca in questo ambito, gli effetti sul feto dell'uso di cocaina non sono ancora completamente noti.

Tuttavia, secondo molti studi scientifici i bambini nati da madri che facevano uso di cocaina durante la gravidanza nascono spesso prematuri e con parti lunghi e problematici. Alla nascita hanno una minore circonferenza cranica e sono anche più piccoli rispetto ai bambini di madri che non hanno fatto uso di cocaina in gravidanza.

Dall’ecografia è stato possibile vedere nei feti di gestanti che assumevano cocaina maggior irritabilità, maggior numero di movimenti e la presenza di "scatti", indipendentemente dalla dose assunta e dal tempo intercorso tra l'assunzione e l'ecografia.

Ciò nonostante, è difficile stimare con precisione le conseguenze dell’uso di droghe da parte della madre e determinare quale rischio sia associato ad una o l’altra sostanza.

I fattori che possono interagire con il benessere del feto sono molti: la quantità e il numero di droghe consumate, l’esposizione ad ambienti sociali violenti, le condizioni socio-economiche, l’alimentazione della madre, altre condizioni di salute, l’esposizione a malattie sessualmente trasmissibili.

Studi longitudinali finalizzati ad individuare eventuali disturbi cognitivi in questi bambini hanno evidenziato alterazioni del linguaggio e del quoziente intellettivo (QI).

Gli scienziati stanno mostrando che l’esposizione prenatale alla cocaina può comportare una pluralità di lievi ma significativi deficit in molti bambini, tra cui carenze cognitive e di elaborazione delle informazioni; capacità importanti per lo sviluppo di ogni bambino.

Inoltre, da alcuni studi è emerso che i bambini esposti a cocaina durante la gestazione mostrano problemi comportamentali, riflessi più lenti e maggiore irritabilità rispetto a figli di donne che non avevano fatto uso di cocaina in gravidanza.

Oltre a questi effetti sulla crescita e sul comportamento, si ritiene anche che l’esposizione prenatale alla cocaina influisca sullo sviluppo causando delle alterazioni nel sistema nervoso centrale, in particolare nei neurotrasmettitori dopaminergici.

venerdì 10 dicembre 2010

PERFEZIONISMO

Distorsione cognitiva in cui sia la persona che gli altri devono essere perfetti e se questo non avviene, la persona in questione si irrita e se la prende moltissimo, anche per cose di poco conto (ad esempio dimenticare di mettere il pane in tavola quando si apparecchia).

IPERGENERALIZZAZIONE

Distorsione cognitiva in cui una persona considera un solo evento negativo e ne ricava una regola generale senza averne mai comprovato la validità. Il pensiero e il linguaggio sono contraddistinti da espressioni ricorrenti e generalizzanti come "sempre", "mai", "nessuno", "tutti" ("è sempre colpa mia", "non va mai bene niente", "nessuno mi capisce", "tutti se ne fregano").

PENSIERO "TUTTO O NULLA"

Distorsione cognitiva in cui le cose sono viste o bianche o nere in maniera rigida, assoluta e irreparabile. Ad esempio, se una prova (esame, compito lavorativo, gara sportiva, ecc) non raggiunge la massima perfezione, ecco che la persona si sentirà un totale fallito che non potrà mai fare di meglio.

PERCEZIONE SELETTIVA

Distorsione cognitiva in cui si applica un vero e proprio "filtro mentale" concentrandosi su un singolo dettaglio negativo e ignorando tutto il resto, tanto che tutta la visione della realtà diventa negativa. Ad esempio, se una persona a una festa in cui si diverte e riceve molti complimenti, trova qualcuno che non mostra di apprezzare il suo vestito, quest'unico commento negativo sarà sufficiente a rovinare la serata.