venerdì 25 settembre 2009

RISVOLTI PSICOLOGICI DELLA CELIACHIA

La celiachia è una condizione geneticamente determinata, caratterizzata da intolleranza permanente al glutine di frumento e alle proteine corrispondenti di segale e orzo. Si tratta di una malattia cronica largamente diffusa in tutto il mondo con un quadro clinico e sintomatologico molto complesso che comprende numerosi disturbi soprattutto a livello intestinale. Negli ultimi anni l'interesse scientifico e non per la celiachia è cresciuto in maniera esponenziale, portando a nuovi metodi di diagnosi e cura, ma anche a una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica e una diffusione più capillare dei prodotti senza glutine. Tuttavia, le implicazioni psicologiche dell'essere celiaci vengono spesso trascurate, nonostante gli aspetti emotivi e relazionali siano di primaria importanza per il benessere di ognuno. La celiachia non è causa di disturbi psichici o psichiatrici, intendiamoci, né essere celiaci provoca automaticamente disagio. Sta di fatto però che la diagnosi di celiachia, così come tutti i cambiamenti, porta necessariamente a una riorganizzazione delle proprie abitudini e a una parziale ridefinizione di sé e del proprio universo di relazioni. Non dimentichiamoci che la celiachia è una malattia cronica, il cui impatto sulla salute delle persone, se ben diagnosticata e curata, è minimo, ma comunque irreversibile. Una volta individuata la celiachia, infatti, la dieta senza glutine (che rappresenta la principale azione di cura) dovrà essere scrupolosamente seguita per sempre, con tutti i problemi che questo comporta, primo fra tutti quello della "contaminazione". I celiaci non solo non possono ingerire alimenti che contengano glutine, ma non possono nemmeno cucinare o conservare cibo "consentito" in pentole o contenitori che sono entrati in contatto con questa sostanza. Prestare continuamente attenzione alla propria dieta e a tutti i processi di preparazione, cottura e conservazione del cibo, in casa e fuori, è un impegno mentale oneroso e pertanto stressante. E l'ignoranza di chi dice che "tanto per una volta non succede nulla" o l'insensibilità di chi non si pone nemmeno il problema di certo non aiuta. Il mio docente di psicologia generale all'università diceva che
"noi non mangiamo, noi ci alimentiamo",
intendendo con questo che l'alimentazione ha oltrepassato la necessità biologica ed è entrata a pieno titolo nella dimensione culturale, ovvero in ciò che connota e distingue i diversi gruppi umani. La dieta senza glutine, che i celiaci devono seguire a vita, condiziona non solo le loro abitudini alimentari, ma anche quelle relazionali e sociali. Il pasto, consumato in casa o fuori, è infatti un momento di convivialità e socializzazione che appartiene alle abitudini familiari o alla ritualità collettiva
(colazione al bar, aperitivi, feste, cene in ristorante, ecc.). Ad esempio, la tipica abbinata pizza e birra è deleteria per un celiaco, oppure la torta di compleanno di un amichetto o un semplice panino. Il cibo ha una valenza sociale, emotiva e simbolica molto importante e modificare la dieta significa cambiare non solo le abitudini alimentari di una persona, ma anche quelle relazionali, ecco perché la celiachia non è semplicemente una questione di dieta. La prima implicazione a livello psicologico da considerare è l'impatto emotivo della diagnosi, che, soprattutto all'inizio, può manifestarsi con:
  • inquietudine, ansia, vergogna, "sentirsi un peso"
  • irritabilità, flessione dell'umore o difficoltà a esprimere le emozioni
  • preoccupazione, non accettazione dei cambiamenti, sconforto
  • nei bambini: svogliatezza a scuola e aggressività verso i compagni
Le difficoltà di accettazione della diagnosi, con la conseguente ridefinizione di sé, possono portare a due diverse reazioni: il ritiro sociale (accompagnato da un abbassamento del tono dell'umore) e la trasgressione alla dieta senza glutine. Entrambi molto frequenti negli adolescenti (per cui convivere con la celiachia appare particolarmente problematico) sono due modi di reagire all'insofferenza di sentirsi diversi e sotto il continuo controllo dei familiari. Genitori, partners e amici giocano un ruolo fondamentale sia nella condivisione pratico-logistica che nel supporto e nella condivisione emotiva di quotidiana convivenza con la celiachia. Qualora si renda necessario l'intervento di uno psicologo, è bene rivolgersi a un professionista preparato sulle tematiche specifiche, che aiuti la persona e la sua famiglia ad accettare la malattia e ad affrontare i cambiamenti ad essa conseguenti con un sostegno psicologico mirato a contenere l'ansia, esprimere i propri vissuti e aumentare la consapevolezza di sé.

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