venerdì 17 aprile 2009
Cosa fare se il proprio figlio ha assistito a una situazione traumatica?
Il recente terremoto in Abruzzo ha colpito duramente e in prima persona tante persone, ma per quanto eventi catastrofici come questo non siano frequenti nel nostro paese, può capitare l'evenienza che i nostri figli siano esposti ad eventi traumatici.
Cosa fare in questi casi? Innanzi tutto far sentire ai bambini che si sta facendo di tutto per proteggerli perché siano al sicuro. Occorre offrire loro il sostegno e l'ascolto perché possano esprimere quello che sentono: le loro paure e le loro angosce. Bisogna rispondere alle loro domande in modo sincero, ma adatto all'età, al linguaggio e alla capacità di comprensione del bambino. Prima di affrettarsi a fornire dettagli e spiegazioni è sempre bene informarsi prima su cosa realmente sanno e hanno visto e capito, per non dare loro notizie o dettagli di cui non sono ancora a conoscenza e che potrebbero peggiorare la situazione. In casi simili tutti hanno bisogno di conforto e rassicurazione, perciò non bisogna sottovalutare la fragilità degli adolescenti, anche se danno meno a vedere il loro disagio. Inoltre, è importante che i bambini non siano lasciati soli a guardare la televisione che con la ripetizione continua delle immagini della tragedia, tende ad amplificare e reiterare il trauma, quasi come se l'evento catastrofico si ripetesse all'infinito. Pensate all'attacco alle Torri Gemelle o il dramma nella scuola di Beslan in Ossezia. L'esposizione continuata, martellante e ininterrotta di quelle tragedie alimentava la paura e il senso di allarme perenne. I genitori sono il primo punto di riferimento per i figli che in loro si rispecchiano, quindi è fondamentale che i genitori facciano vedere come si possa reagire senza farsi sopraffare dalla paura. Il buon esempio vale sempre più di mille raccomandazioni e vedere che i genitori sono presenti e "ce la fanno" è la migliore rassicurazione per i bambini che anche loro ce la possono fare. Questo non significa che i genitori sbagliano a essere spaventati o che debbano negare di esserlo. In casi simili provare paura è assolutamente normale, quello che fa la differenza è il modo in cui questo sentimento viene espresso e condiviso. Un altro modo per aiutare i bambini e i ragazzini a elaborare un simile trauma è farli partecipare attivamente al "dopo", anche con mansioni minime. Ciò che conta è che possano sentire che anche loro hanno il potere e la facoltà di ricostruire, di aiutare, di essere utili. Poter fare qualcosa di concreto rafforza moltissimo il senso di autoefficacia e la fiducia in se stessi e nelle proprie risorse, esattamente come l'impotenza causa paralisi e disperazione. Le ricerche della psicologia delle emergenze dimostrano come il contribuire ai soccorsi o alla ricostruzione in maniera attiva sia il fattore che più di tutti aumenta nelle vittime di eventi catastrofici la resilienza. Con questo termine si indica in psicologia una competenza fondamentale: la capacità di attingere alle proprie risorse. La resilienza, infatti, è il più potente fattore di protezione quando si è esposti ad eventi traumatici e fortemente stressanti. Per rafforzarla occorre parlare, raccontare ciò che si è vissuto, incoraggiare i bambini a fare altrettanto senza stancarsi quando magari continueranno a parlare della loro esperienza o a sognarla e disegnarla anche molto tempo dopo. Ognuno reagisce a modo suo e con i suoi tempi. Detto questo, se l'evento traumatico ha causato la morte di persone conosciute e vicine e soprattutto se i bambini o i ragazzi hanno problemi nelle funzioni vitali fondamentali come il mangiare e il dormire o persistenti somatizzazioni (mal di testa, mal di stomaco, ecc.) senza nessuna causa fisica, oppure appaiono distratti e con frequenti sbalzi d'umore è sempre consigliabile rivolgersi a uno specialista. I genitori svolgono un ruolo insostituibile, ma a volte si trovano ad affrontare situazioni per le quali essi stessi sono impreparati e l'aiuto di un esperto può essere di enorme sostegno.
Un altro modo per accrescere la resilienza è il poter riprendere quanto prima una parvenza di normalità, ritornando, per quanto possibile, alle occupazioni abituali. La routine ristruttura il tempo in un modo per noi familiare e rassicurante che infonde speranza, fiducia e la sensazione che "il peggio è passato".
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